, ***Tracy Chevalier***

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Eli85
view post Posted on 26/10/2004, 01:57 by: Eli85




Vi posto dei brani da "La ragazza con l'orecchino di perla", cos' magari vedete se vi piace e vi incuriosisce

Brani tratti da "La ragazza con l'orecchino di perla"

(Johannes Vermeer e la moglie Catharina Bolnes vanno a conoscere Griet nella sua casa al quartiere protestante di Delft)


(...)
"L'uomo mi osservava, gli occhi grigi come il mare. Aveva un volto lungo e spigoloso, un'espressione ferma, in contrasto con quella della moglie, che guizzava come la fiammella di una candela. Non aveva né barba né baffi, il che mi piaceva perché gli dava un aspetto lindo. Sotto al mantello nero indossava una camicia bianca con un elegante colletto di pizzo. Portava un cappello calcato sui capelli, che erano rossi come i mattoni bagnati dalla pioggia.
"Che cosa stavi facendo, Griet?" chiese.
Quella domanda mi stupì, ma ebbi la presenza di spirito di non darlo a vedere. "Stavo tritando le verdure, signore. Per la minestra. "
Avevo l'abitudine di sistemare le verdure in cerchio, ciascuna in uno spicchio come una fetta di torta. C'erano cinque fette: cavolo rosso, cipolle, porri, carote, rape. Mi ero servita della lama d'un coltello per dare la forma a ciascuna fetta, e nel centro vi avevo piazzato una rondella di carota.
L'uomo picchiettò col dito sul tavolo. "Le hai disposte secondo l'ordine in cui vanno nella pentola?" si informò, osservando la ruota.
"No, signore." Esitai. Non sapevo spiegare perché avessi messole verdure in quel modo. Le disponevo così istintivamente , come sentivo che dovevano stare, ma ero troppo intimorita per dirlo a un signore.
"Vedo che i bianchi li hai messi distanti l'uno dall'altro", osservò indicando le rape e le cipolle. "E poi l'arancione e il violetto non sono vicini. Perché mai?" Prese un ritaglio di cavolo e un pezzetto di carota e li scosse nella mano come avrebbe fatto con due dadi.
Rivolsi lo sguardo a mia madre, che mi fece un leggero cenno di incoraggiamento.
"Quei colori fanno a pugni quando sono vicini, signore." (...)

*************************

(Johannes Vermeer e Griet discutono sui colori)

Non avevo mai visto dipingere un quadro fin dall'inizio. Credevo che si incominciasse subito a raffigurare quello che si vedeva, mettendo i colori com'erano.
Fu lui a insegnarmi tutto.
Diede inizio al quadro della figlia del fornaio stendendo una mano di grigio chiaro sulla tela bianca, poi tracciò dei segni rossastri per abbozzare la ragazza, il quadro, la brocca, la finestra e la carta geografica, ciascuno al suo posto. A quel punto pensai che avrebbe incominciato a dipingere le cose com'erano: il viso della ragazza, una gonna blu, un corsetto giallo e nero, una carta geografica color nocciola, una brocca nella sua bacinella d'argento, una parete bianca. Stese invece delle chiazze, una nera dove doveva esserci la gonna, una ocra dove c'erano il corsetto e la carta appesa, una rossa per la brocca e la bacinella, una grigia per il muro. Erano colori sbagliati: nessuno di essi era il colore giusto dell'oggetto da raffigurare. Lavorò a lungo su questi colori che io definivo sbagliati.
Di tanto in tanto la ragazza veniva e passava delle ore, una dopo l'altra, in piedi al suo posto, eppure, quando il giorno dopo guardavo il quadro, non vedevo nulla di più e nulla di meno del giorno precedente. C'erano solo chiazze di colore che, per quanto le studiassi, non raffiguravano alcun oggetto. Sapevo che cosa avrebbero dovuto rappresentare, perché spolveravo gli oggetti stessi, e perché sapevo che cosa aveva indosso la ragazza quando un giorno l'avevo spiata mente si infilava il corsetto giallo e nero di Catharina nella sala grande.
Ogni mattina estraevo di malavoglia dai cassetti i colori che lui mi ordinava. Un giorno vi aggiunsi anche un azzurro. La seconda volta che lo misi mi disse: "Non l'oltremare, Griet, solo i colori che ti ho chiesto io. Perché mi hai messo anche quello, che non ti avevo chiesto?" Era contrariato.
"Chiedo scusa, signore. E' solo che ..." presi fiato tirando un profondo respiro "... la ragazza ha una gonna azzurra, pensavo che vi serviva quel colore, che non l'avreste lasciata nera".
"Quando sarà il momento te lo chiederò".
(...)
Aprì la finestra centrale, inondando la stanza di aria fredda.
"Vieni qui, Griet".
Deposi lo strofinaccio sul davanzale e gli andai accanto.
"Guarda fuori dalla finestra".
Ubbidii. Era un giornata di vento, con nuvole che viaggiavano e andavano a nascondersi dietro la torre della Chiesa Nuova.
"Di che colore sono quelle nubi?"
"Be' , bianche, signore".
Inarcò leggermente le sopracciglia. "Ne sei sicura?"
Le guardai di nuovo. "E grigie. Forse nevicherà".
"Ma via, Griet, sforzati un po'. Pensa alle verdure di quella volta a casa tua".
"Le verdure, signore?"
Scrollò leggermente la testa. Lo stavo scontentando di nuovo. Serrai le mascelle.
"Pensa a come avevi separato le verdure bianche, le rape e le cipolle. Sono dello stesso bianco?"
All'improvviso capii. "No, le rape hanno dentro un po' di verde, le cipolle un po' di giallo".
"Proprio così, E adesso che colori vedi nelle nuvole?"
"Dentro c' è anche un po' di azzurro, " aggiunsi dopo averle osservate per qualche minuto. "E ... di giallo. E c'è del verde, anche!" Mi entusiasmai a tal punto che le indicai col dito. Le nuvole le avevo guardate in tutta la mia vita, ma in quel momento ebbi l'impressione di vederle per la prima volta.



 
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