MARIE ANTOINETTE
"Maestà i parigini non ha il pane!"
"Bene,allora che mangino brioches.......!"
TRAMA:Maria Antonietta, la figlia della regina d'Austria viene promessa in sposa appena quattordicenne a Luigi XVI, il futuro re di Francia. Nonostante la sua riluttanza, la giovane si trasferisce a Versailles, ma non riuscirà mai ad entrare in sintonia col popolo francese che in primis, non le perdona il fatto di essere straniera, così allo scoppio della Rivoluzione, quando Maria Antonietta si schiera dalla parte dell'aristocrazia, una volta catturata, sarà condannata dal tribunale rivoluzionario alla ghigliottina.
RECENSIONI:La Critica - Rassegna Stampa
"La corte di Versailles come una super Beverly Hills, Maria Antonietta come una specie di fashion victim ricca e viziata ma fondamentalmente innocente, il suo infelice matrimonio con Luigi XVI come trionfo della politica e della ragion di Stato sulle passioni e sul corpo. 'Marie Antoinette' di Sofia Coppola non è un brutto film, anzi è gradevole, pieno di brio, di finezze, di (piccole) idee, ma è come minimo un film a metà. Avesse raccontato solo l'arrivo in Francia della principessa 14enne, costretta ad 'abbandonare tutto ciò che ha di austriaco' in una tenda in mezzo al bosco, si potrebbe capire. Fosse un'opera rock, come a suo tempo 'Lisztomania' di Ken Russell (modello dichiarato della regista) o il 'Moulin Rouge' di Baz Luhrmann, andrebbe benone. Ma la regista di 'Lost in Translation' e del 'Giardino delle vergini suicide' compie un peccato imperdonabile alla sua età: si ripete. Non è sbagliato fare della regina di Francia il prototipo dell'adolescente incompresa, ma non è una visione abbastanza originale e profonda da nutrire l'intero film. Che fra l'altro non si ferma ai suoi primi anni a corte, ma prosegue temerariamente fino quasi alla fine. Perdendo quota man mano che la tragedia si avvicina. E con la tragedia il popolo, la Rivoluzione, la Storia, che Sofia Coppola non rappresenta non perché non voglia ma perché non saprebbe come farlo. (...) Il film, formalmente splendido grazie ai costumi di Milena Canonero e al gran cast (Jason Schwartzman, Judy Davis, Marianne Faithfull, Rip Torn), non esce mai da quest'amabile circolo vizioso. Un po' poco per una superproduzione girata dal vero grazie alla Francia. 'Maria Antonietta c'est moi', pare dire Sofia Coppola. È anche questo che non le perdoneranno." (Fabio Ferzetti, 'Il Messaggero', 25 maggio 2006) "Cineasti dissacratori alla Ken Russell o alla Carmelo Bene hanno fatto ben di peggio, nonostante gli anacronismi, voluti o no, e le pimpanti musiche da discoteca. Per tacere dei costumi, sublimi forse proprio perché non filologici, creati dalla torinese Milena Canonero. In sostanza 'Marie-Antoinette', in un rigore di sobrietà che finisce per essere un limite, si riduce a una sonata su una corda sola: il disagio dell'adolescente che per entrare in Francia deve spogliarsi di vesti e sottovesti, licenziare il seguito e vedersi strappare l'amato cagnolino. Seguono in mezzo al gelo della corte che odia l'austriaca sei anni di un matrimonio non consumato, lo spettro del ripudio in assenza di un erede, la solitudine e la malinconia. Kirsten Dunst esprime la limitata gamma del personaggio con accattivante comunicativa e lascia spazio alle finezze di Jason Schwartzman e ai sapienti colorismi di Rip Torn (Luigi XV). Inevitabilmente finta anche perché in questa Francia da Hollywood-sur-Seine tutti parlano inglese, la recita imbastita con vari tocchi di grazia da Sofia Coppola si svolge sugli sfondi e negli ambienti veri di Versailles, che in coincidenza con il film si riapre alle visite dopo dieci anni di restauri. Sull'onda del film, accompagnato da un numero incredibile di libri, copertine e articoli, il mito di Marie-Antoinette perde ogni connotazione scellerata e guadagna in simpatia." (Tullio Kezich, 'Corriere della Sera', 25 maggio 2006) "Tutto sta nel modo in cui ci s'avvicina al nuovo film di Sofia Coppola: preso come kolossal didascalico, magari sostenuto da storici distinguo, il ritratto della sedicenne austriaca costretta a sposare l'erede al trono francese e a convivere con un Luigi XVI molliccio e disinteressato e una corte fatua e imbalsamata varrebbe poco o niente; entrando, invece, senza remore nelle atmosfere sapientemente distillate dalla figlia d'arte, è facile apprezzare un tema sempreverde come quello dell'esilio adolescente in una prigione dorata. Accompagnando Kirsten Dunst in un periodo all'incirca ventennale, l'autrice di 'Lost in Translation' adotta, in pratica, il punto di vista della protagonista che può/potrebbe essere benissimo quello di una principessa Sissi, di una Lady D o, meglio ancora, di una ragazza moderna in stile 'Desperate Housewives' e sublima il plateale anacronismo con una serie deliziosa di contrappunti psicologici, figurativi e musicali. 'Marie Antoinette' non cerca neppure lontanamente di revisionare l'identikit della regina decapitata dai rivoluzionari e tradizionalmente odiata dai francesi, bensì di tratteggiare una favola settecentesca in cui lo stupore e la malizia, l'incoscienza e un'ombra di consapevolezza si armonizzino grazie allo stile, in parte affettuosamente ironico e in parte delicatamente impressionista. Affascinata dagli ori e dai fasti di Versailles, Sofia Coppola manipola, così, i riti caricaturali della vestizione, del matrimonio, del ritiro notturno in camera da letto, del risveglio e dei lavacri, dei banchetti e delle feste in una collana di sequenze vagamente ispirate alle scrupolose biografie e disinvoltamente interessate ai gossip pre-rivoluzionari, dalla passione dell'imbelle Luigi XVI per la caccia alle volgarità della favorita Duchessa du Barry (ovviamente l'ispida Asia Argento) e al sex-appeal dell'idealizzato cavaliere Fersen, (presunto) amante della nostra regale Bovary... Insomma un bouquet di programmatiche insolenze, scandite dall'euforizzante colonna sonora pop, che mirano, di fatto, a rivelare come la regista americana non s'identifichi in Marie Antoinette per fare il verso a Rossellini, ma per lanciare un'occhiata blandamente scorretta sul mito fondatore della Francia e, soprattutto, per regalare all'alter ego Kirsten Dunst la chance di un viaggio nel tempo leggiadro e impertinente." (Valerio Caprara, 'Il Mattino', 25 settembre 2006)
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Edited by Elbereth Incantus - 14/12/2007, 10:22